mercoledì 30 aprile 2014

Le stagioni del cuore - Primavera

È primavera, la stagione del risveglio. I fiori iniziano a sbocciare, gli alberi ad indossare il loro verde mantello, gli animali si svegliano dal loro letargo. Il tiepido sole, il limpido cielo, la fresca brezza che fa danzare alberi e fiori, creano tutto intorno un'atmosfera di pace e serenità. Ed è in quest'atmosfera che, come tutti, anche il cuore si risveglia. È stordito dopo il lungo sonno, non sa ancora ambientarsi e ha anche un po' di paura. L'allergia non aiuta di certo a fare nuovi incontri. Allergia al polline o a qualcos'altro? Il cuore non lo sa; sa solo che deve girare con dei fazzoletti per ogni evenienza. Ed eccolo lì, timido ed impaurito che passeggia per le strade, respirando la gioiosa aria di primavera. Era da tanto che non provava quella sensazione, un misto di felicità e curiosità verso l'ignoto. Un ignoto che avrebbe portato tante soddisfazioni e sentimenti! Ed è lì che, per caso, incontra un altro cuore. C'è affinità tra loro. Si vedono, spesso. Si sentono, più che spesso! Cominciano a legarsi in modo indissolubile, non riuscendo a capire cosa stia succedendo. C'è aria di cambiamenti. Come i fiori che sbocciano, gli alberi con i loro mantelli verdi e gli animali in festa. Tutto è racchiuso in quella spirale di colori, di profumi e di gioia. Poi, pian piano, capisci. Capisci che ti sta accadendo qualcosa di bello. Qualcosa di inaspettato. Qualcosa che speravi accadesse.
Inizi finalmente a vivere!

Primavera

domenica 27 aprile 2014

Cara brezza delicata

Cara brezza delicata,
che con il tuo soffice tocco, sai rassicurarmi. Con le tue dolci parole portate da terre lontane, sai ammaliarmi. Con il tuo caldo tepore, sai riscaldare il mio cuore. Ed io non aspetto altro che te, mia cara brezza delicata. Il tuo arrivo, sancisce l'arrivo della primavera. La mia primavera. Ma ora è autunno, e di te neanche l'ombra.

Ed io sono qui che ti aspetto. Aspetto il tuo arrivo.

Fai presto, prima che sia troppo tardi.

Fai presto, prima che arrivi l'inverno...

venerdì 25 aprile 2014

Distanze

"Distanza", quante volte abbiamo sentito questa parola? Tante, troppe volte. Fin da quando siamo piccoli, nella quotidianità di tutti i giorni.

Una cosa che non ci piace, la distanza, che ci da fastidio. La ritroviamo ovunque. "Calcola la distanza tra due rette parallele" ci chiedevano nei compiti di matematica, non capendo a cosa potesse mai servirci ciò. "Prendimi il quaderno per piacere", "Ma è distante" rispondiamo sbuffando. "Ci vediamo al parco alle tre", "È troppo distante, non ce la farò mai per quell'ora!". "NON TI SENTO, SEI TROPPO DISTANTE. AVVICINATI!". Tante piccole scocciature, tutte legate alla distanza. Piccole scocciature che si risolvono immediatamente. Niente in confronto a cose più serie.

Quando due amici sono separati dalla distanza. Quando due fidanzati sono separati dalla distanza. Si soffre, si soffre tanto. Vorremmo avere quella persona il più vicino possibile a noi, per abbracciarla, per baciarla, per stringere la sua mano, per cazzeggiare, per ridere insieme, per piangere insieme, per andare a vedere un film insieme, per ascoltare musica insieme, per parlare guardandosi negli occhi, per sentirne il profumo, il calore, i battiti del suo cuore. Questo tipo di distanza è dura da affrontare.... ma è comunque agirabile. Ci si può sentire o vedere in tanti modi: avviare una chiamata via Skype, scambiarsi messaggi tramite Whatsapp, prendere il treno, l'aereo o la macchina e finalmente vedersi, vivendo uno dei momenti più belli e magici che ci siano. Ma questo è ancora niente...

Quando c'è una distanza di età, di gusti o del cuore, tutto è inutile. Potrai impegnarti quanto vuoi, arrivare a fare veri e propri miracoli, annullarti completamente... ma sarà tutto inutile. Perché non puoi cambiare magicamente la tua età o i gusti delle persone, né tantomeno avvicinare un cuore che vuole rimanerti lontano. Da questa distanza non si sfugge, non c'è rimedio. Non basta prendere un treno o il cellulare. Non basta alzarsi e coprire fisicamente la distanza.

Non basta.

mercoledì 23 aprile 2014

Divertimento

Era lì, in quel parco, che Eugenio era solito andare. Lui, uomo sulla cinquantina, capello bianco e lungo, folti baffi e barba trasandata. I suoi occhi verdi erano spenti, assenti. Le sue occhiaie facevano notare quanto stanco fosse. Stanco di tutto. E andava lì, Eugenio, in quel parco, per distrarsi e fuggire per un attimo dalla realtà che lo circondava. Si sedeva sempre su quella panchina, storica amica che lo ha accompagnato in numerose avventure: la prima volta che si fece male, il primo bacio, la prima sbronza... Lui si sedeva lì, con il suo giornale che sfogliava raramente, e si guardava intorno. A lui piaceva guardare i bambini mentre giocavano. Capitava a volte che venisse scambiato per un maniaco, importunato anche dalla polizia a causa di alcune segnalazioni. Ovviamente non vi furono mai implicazioni, visto che lui rimaneva semplicemente seduto ad osservare i bambini che giocavano. Lui adorava i bambini, non avrebbe mai fatto loro del male. Avrebbe anche voluto avere una bella famiglia numerosa.
Quel giorno, Eugenio era di nuovo lì, seduto sulla sua panchina, sorseggiando un insipido caffè. E come suo solito, osservava i bambini mentre giocavano. Quei bambini che ridevano spensierati, senza preoccuparsi di nulla. Se cadevano, si rialzavano e continuavano a giocare, se litigavano, facevano la pace subito dopo. L'unico momento in cui erano tristi, era quando dovevano tornare a casa. "Che invidia che mi fanno quei bambini" pensò Eugenio. Si tuffò nei ricordi. Ricordò la sua infanzia, quando anche lui andava a giocare proprio in quel parco. Si ricordò dei bei momenti passati insieme ai suoi amichetti di allora, delle partite a palla avvelenata, delle prime cotte, dei primi litigi. Ed era tutto un divertimento. Quando cadevi e ti facevi male, non stavi zitto: potevi piangere per il dolore, ridere, arrabbiarti, venir preso in giro dagli amici o incoraggiato ad alzarti... ed era tutto un divertimento, perché con un cerotto passava tutto e ricominciavi a giocare! O quando ti dichiaravi, timidamente, alla ragazza che ti piaceva e venivi respinto per l'amichetto più figo. E venivi preso in giro. Si rideva, si rideva eccome. Magari ti vendicavi colpendo la suddetta 'coppietta' appena formata, con la palla mentre si giocava. E tutto ciò era lecito, senza alcun timore o preoccupazione. O ancora, quando litigavi con i tuoi amichetti per delle stupide carte da gioco. Poteva capitare anche di non parlarsi per un giorno intero... ma poi si faceva la pace, scambiandosi qualche gioco o qualche parola carina. E via, di nuovo a giocare tutti insieme. Erano davvero bei tempi.
Eugenio distolse lo sguardo perso nel vuoto e lo puntò dritto verso il cielo. Un cielo cupo e grigio. "Ed ora invece?" pensò. Ora, se cadi e ti fai male, non dici una parola. Se riesci, ti rialzi e prosegui, zitto, senza incoraggiamenti, altrimenti rimani a terra, aspettando un qualche aiuto. Un aiuto che forse non arriverà mai. Ora se provi dei sentimenti e vieni respinto, non ci sono risate, non ci sono scherni, c'è solo un vuoto che rimane. Gli amici lo sanno e tentano di colmare quel vuoto come meglio possono, fallendo però miseramente. Ora se si litiga con qualcuno, è per motivi seri che possono portare all'allontanamento definitivo, al non rivedersi mai più. Che sia per il lavoro, per una ragazza, per soldi.... le amicizie possono rovinarsi con un niente.
"Che senso ha allora crescere?" si domanda Eugenio. "Che senso ha crescere se non c'è più divertimento in ciò che si fa? Se il lavoro non ti porta altro che stress, l'amore non ti porta altro che vuoto, gli sbagli non ti portano altro che dolore. Vorrei tanto ritornare a quei tempi..."

Una palla si adagiò vicino al piede di Eugenio. Un bambino gridò in direzione di lui.

«Hey signore, potrebbe tirarci il pallone!?»

«Perché se ne sta lì a fissare il cielo?» chiese un altro bambino.

Una signora si avvicinò al proprio bambino e disse: «Forza, è ora di tornare a casa»

«Mamma», chiese il bambino, «quel signore si è fatto male? Perché sta piangendo? Possiamo dargli uno dei nostri cerotti?»

La signora guardò Eugenio e, molto pacatamente, disse al bambino: «Purtroppo i nostri cerotti non possono aiutare quel signore. Ha una bua molto profonda. Vieni, torniamo a casa»

I due si allontanarono, con il bambino che non faceva altro che osservare il viso di Eugenio, coperto dalle lacrime, pensando: "Dev'essere proprio brutto crescere".

lunedì 21 aprile 2014

Cerco te

Cerco te, al mattino, quando la sveglia non la smette di suonare. "Sarebbe bello essere svegliato dalla tua dolce voce", penso. Afferro il cellulare nella speranza di trovare qualche tuo messaggio. Un "buongiorno". Un "dormito bene?". Un "Ti amo".

Cerco te, durante la colazione. "Sarebbe bello fare colazione insieme", penso. Tu che mangi il tuo cornetto, io che mangio i miei cereali. Noi che ci scherniamo a vicenda su quello che mangiamo. E ridiamo, ridiamo di gusto.

Cerco te, sui mezzi pubblici, per strada, nei negozi, in mezzo alla folla, in mezzo alle numerose facce. E mentre cammino, il mio sguardo si fa attento. "Sarebbe bello vedere il tuo dolce viso che mi guarda e mi sorride, tra tanti volti estranei", penso.

Cerco te, nel mio ufficio. Seduto alla mia scrivania, mentre controllo la posta. "Sarebbe bello ricevere una tua mail", penso. Una mail che come titolo avrebbe "Ti sto pensando".

Cerco te, durante il pranzo. "Sarebbe bello pranzare insieme qualche volta", penso. Senza colleghi o altri estranei. Solo tu ed io.

Cerco te, alla fine della giornata lavorativa. Spengo tutto, timbro il cartellino e mi appresto ad uscire. "Sarebbe bello trovarti fuori dal mio ufficio, che mi aspetti", penso. Così torniamo a casa insieme, raccontandoci le nostre giornate, consolandoci se sono state dure o scherzando se sono state divertenti.

Cerco te, nell'ora di cena. Solo nel mio appartamento, mi preparo qualcosa da mangiare. "Sarebbe bello se cenassimo insieme", penso. Mentre cuciniamo insieme, scherzando e preparando la tavola, abbracciandoci e baciandoci, con l'acqua sul fuoco che bolle. Ma a noi non importerebbe.

Cerco te, durante la sera. Esco per un drink, camminando per le strade deserte. "Sarebbe bello se ci fossi anche tu", penso. Cammineremo abbracciati, per quelle strade deserte e poco illuminate, facendoci coraggio a vicenda, parlando di ciò che ci piace per alterare quella sinistra atmosfera. Osservando la luna e le stelle sulla strada del ritorno.

Cerco te, nel buio della notte. Mi giro e rigiro nel mio letto. Vuoto. "Sarebbe bello se fossi nel letto qui, insieme a me", penso. Controllo il cellulare un'ultima volta, prima di mettermi a dormire. "Sarebbe bello se potessi darmi la buonanotte", penso. Chiudo gli occhi e provo a dormire.

"Sarebbe bello..."

Piango

sabato 19 aprile 2014

Sogno te

Sogno te, da quando ho memoria. Inizialmente era solo una flebile speranza. Sapevo che era solo un sogno il mio, che non potevi essere reale. Ma nel mio subconscio, nella parte più profonda di me, sapevo anche che ti avrei trovata. E così è stato.

Sogno te, da quando ti conosco. I tuoi occhi, il tuo sguardo, le tue labbra, il suo sorriso, la tua risata, la tua voce, il tuo essere solare, divertente, intelligente, brillante! E, soprattutto, il tuo essere dolce. Così dolce, da far innamorare il mondo.

Sogno te, da quando le nostre strade si sono divise. È una tortura. Ti vedo ovunque, ti sento ovunque, ti cerco ovunque... Ogni mio istante passato su questa terra, è rivolto solo ed esclusivamente a te. A te, che sei il mio sogno. E la sera torno a sperare. Spero di incontrarti.

Di incontrarti in un sogno...

giovedì 17 aprile 2014

Estraneo

Inizialmente ci sei tu: un semplice ragazzo che vive delle piccole cose, nel suo piccolo mondo. Sei sereno e spensierato, coltivando i tuoi interessi e pensando che niente e nessuno potrà mai distruggere quel tuo piccolo mondo perfetto. Ma ti sbagli.
Un bel giorno arriva quel qualosa che mette in crisi tutto: il tuo modo di pensare, il tuo modo di agire, le tue passioni, i tuoi interessi, le tue amicizie.... tutto. Colpito ed incuriosito da questo "cambiamento", provi ad approfondire. Ed è qui che rimani fregato. Perché quel cambiamento è troppo per te, è troppo per il tuo piccolo mondo. Non corri ai ripari perché non sai cosa stia accadendo veramente e rimani lì a guardare, impotente ma con ancora tanta curiosità ed ammirazione. Sei ingenuo, stupido ed assefuatto a questa novità. Non sai controllarla, non saprai mai dominarla, non sai dove ti porterà... ma a te ciò non interessa e vuoi comunque provare a farla tua, ad integrarla nel tuo piccolo mondo. Il risultato? Una completa rovina. Quella cosa ha sconquassato quel piccolo mondo che era tuo e tuo soltanto. Ora cade a pezzi. Hai bisogno di un riparo per non venire travolto a tua volta. Fuggi, ti allontani da quel tuo piccolo mondo, dandogli un ultimo saluto. Ora sei solo. Solo e spaesato. Non sai dove andare, né cosa fare. Provi a guardarti intorno e vedi tanti altri piccoli mondi, simili al tuo. Decidi quindi di provare a visitarli, magari riesci ad ambientarti e a ricominciare.
Provi un mondo, quello della musica. Inizialmente non riesci ad ambientarti: regole troppo complicate e caotiche, persone che già vivono in quel mondo e che sanno come funziona, non ti senti a tuo agio.... ma decidi comunque di rimanere. Col tempo inizi ad abituarti, ma sarai sempre un forestiero. Il tuo bagaglio culturale ti impedisce di ambientarti come si deve. Decidi quindi di passare al mondo successivo.
Il mondo della scrittura. Ti senti proprio a tuo agio qui! Inizi a scrivere, ciò che ti passa per la testa, ciò che senti dentro, di tutto e di più. Ed ecco i primi apprezzamenti, le prime gratifiche, i primi successi. Ti senti bene, forse hai trovato il mondo adatto a te. Decidi quindi di socializzare con gli abitanti di quel mondo. E.... ne rimani schiacciato. Perchè loro, essendo nativi di quel luogo, hanno molta più esperienza di te e te la fanno notare, benché non te la palesino. Tu comunque ti senti inferiore ed incapace di crescere. Oramai è troppo tardi per crescere. Cercherai fortuna nel prossimo mondo.
Il mondo dei fumetti. Ne hai appena varcato i confini e già trovi dei contadini intenti a discutere dopo aver arato un campo. Ti intrometti nella discussione, riesci a capire cosa dicono e anche a rispondere a dovere. Ti senti soddisfatto e prosegui lungo il tuo cammino, verso il centro e le grandi città. Lungo le strade di campagna trovi sempre gente semplice pronta a darti una mano o a scambiare quattro chiacchiere. Ma poi arrivi finalmente a destinazione.... e lì è il caos. Non riesci a capire la gente di cosa parli, non riesci a seguirli, non riesci ad essere alla loro altezza e nessuno vuole darti una mano. Provi ad informarti, a tenerti aggiornato, ma quel mondo è davvero troppo vasto per cercare di colmare la lacuna. Decidi di scappare, di nuovo.
Non ti resta che provare il mondo dei videogiochi, la tua più grande passione. Appena arrivato, noti dei bimbi intenti a giocare tra loro. Prosegui nella tua strada ed incroci altri bimbi. Ed altri ancora. Finalmente un individuo un po' più grandicello, intento a fumarsi una sigaretta poggiandosi contro un muro. Ci scambi due parole, chiedi spiegazioni e l'unica cosa che apprendi è che quel mondo è oramai in rovina. La massa lo ha invaso e, chi ci abitava da tempo, ha deciso bene di andarsene, non riuscendo a sopportare più la pressione. Decidi quindi di fare amicizia con qualche residente di vecchia data e nulla più. Capisci però che puoi comunque sfruttare la situazione a tuo favore, sfruttando le tue doti informatiche: entri nel mondo della programmazione di videogiochi! Un sotto-mondo se vogliamo. Ma, ahimè, anche qui non sei abbastanza, non all'altezza delle varie possibilità che ti vengono offerte. Tu sei un semplice programmatore senza troppe pretese.
Un fallimento totale. Non riesci ad ambientarti in nessuno dei mondi ed anche se sai che ce ne sono tantissimi altri, sai anche che non sarai mai all'altezza. E ripensi quindi a quel tuo piccolo mondo, quel tuo piccolo mondo che tanto amavi nella sua semplicità, che non avresti mai voluto vedere distrutto. Ora che non c'è più, non hai un luogo dove andare. Ovunque proverai ad andare, non riuscirai ad ambientarti.
Sarai un completo e perfetto

Estraneo

lunedì 14 aprile 2014

A Te

A te che hai cambiato il mio mondo.

A te che mi hai insegnato che l'età non conta per sancire la maturità di una persona.

A te che mi hai insegnato che l'amore è una cosa bellissima, ma al tempo stesso un'interminabile sofferenza.

A te che mi sei sempre stata vicino, malgrado non volessi, anche se avrei voluto evitarti.

A te che illuminavi le mie giornate ed animavi le mie nottate insonni.

A te che mi davi la forza per affrontare qualsiasi cosa.

A te che sapevi annientarmi con un semplice gesto e, con altrettanta facilità, farmi rivivere.

A te che devo gli occhi gonfi, pieni di lacrime, lo stomaco in subbuglio, il cervello in confusione ed il cuore in fibrillazione.

A te che hai saputo valorizzare l'attesa prima di un incontro, perché ogni incontro poi era unico.

A te che hai saputo farmi ridere come poche altre persone hanno saputo fare in vita mia.

A te che sapevi toccare il mio cuore e la mia mente.

A te che hai saputo abbellire il mio mondo, il mio universo, la mia vita.

A te che ora sei lontana, facendomi ripiombare nelle tenebre.

A te... io devo tutto questo.

A te io dedico questi versi, queste banali parole che non possono e non potranno mai esprimere ciò che provo per te.

A te dico "grazie", perché nel bene e nel male hai saputo farmi crescere.

A te, mio piccolo Horcrux.

domenica 13 aprile 2014

La scelta della Morte

"Se potessi scegliere, cosa sceglieresti?"

Una dolce e misteriosa voce disturbava il quieto sonno di Roy.

«Mmmmm» mormorava irrequieto mentre tentava invano di dormire e sognare. Magari la vincita di una grossa cifra alla lotteria nazionale e la mano della ragazza dei suoi sogni.

"Rispondimi..."

«Perché non vuoi lasciarmi dormire....» mormorò lui tenendo gli occhi chiusi.

"Perché ti ho fatto una domanda. Allora, cosa sceglieresti?"

«Ma scegliere cosa?», il ragazzo pensava fosse suo fratello che aveva voglia di scherzare a tarda notte.

"Cosa fare della tua anima dopo la morte. Allora, cosa sceglieresti?"

Il ragazzo spalancò gli occhi per la sorpresa. Chiaramente non poteva essere suo fratello, non si sarebbe mai spinto a tanto.

«Chi sei?» chiese debolmente, alzandosi di scatto sul letto.

"Che importanza vuoi che abbia? Rispondi alla domanda!", la strana voce cominciò a spazientirsi, abbandonando quel suono dolce e pacato che la caratterizzava.

Anche se la voce proveniva dalla sua testa, Roy cominciò a scrutare tra il buio della sua stanza, cercando un qualche indizio sulla presenza dello strano individuo.

"È solo un brutto sogno, è solo un brutto sogno" continuava a ripetere nella sua mente, come un mantra. Il respiro si era fatto più affannoso e cominciò a tremare. Una goccia di sudore scivolò lungo la sua tempia.

"Non vuoi proprio rispondermi eh... forse ho fatto una domanda troppo difficile?"

Il ragazzo era ancora immobile, paralizzato in una morsa di terrore.

"O forse non sai rispondere perché non sei consapevole delle scelte a tua disposizione. Va bene allora, te le mostrerò"

«MOSTRARMI COSA?! CHI DIAVOLO SEI TU? FATTI VEDERE, MALEDETTO!»

"Ogni cosa a suo tempo. Ora chiudi gli occhi e rilassati..."

Roy sentì una stanchezza improvvisa, come se qualcuno gli avesse premuto sul viso un fazzoletto pieno di cloroformio. Chiuse gli occhi e si abbandonò tra le dolci braccia di Morfeo. Passarono solamente pochi minuti perché si risvegliasse, inondato da una fortissima e calorosa luce. Era in un parco. Un maestoso parco, pieno di verde: c'erano alberi, c'erano animali di tutti i tipi che vagavano in completa libertà, c'erano fiori disseminati ovunque. Il cielo azzurro, con sfumature dorate e qualche nuvola a contornare il tutto. E quel sole così caldo, così forte, così bello, per nulla fastidioso, che illuminava e portava gioia tutto intorno.
"Sono forse morto e questo è il Paradiso?" pensò Roy. Dopo lo stupore iniziale, il ragazzo cominciò a guardarsi intorno e notò un sentiero in mezzo a degli alberi. Essendo l'unica strada percorribile, decise di vedere dove portasse. In pochi passi, uscì da quella radura, ritrovandosi in una vasta area aperta e circolare, recintata da alberi e rampicanti di Edera. Al centro c'era una grande ed imponente fontana d'oro massiccio. Aveva 4 statue di sirene disposte a croce, che tenevano sollevata un'anfora ognuna, da cui fuoriusciva l'acqua. Un'acqua pura, cristallina, che rifletteva la meraviglia che aveva intorno. Davanti alla fontana, si trovava una panchina in marmo bianchissima, quasi fosse avorio. Era tutta contornata da dei ghirigori che le davano un'aria misteriosa e aristocratica. Ma la cosa più interessante, era ciò che vi era sopra: una ragazza era seduta al centro della panchina, intenta a leggere un libro voluminoso. Era bellissima. I suoi lunghi capelli neri venivano cullati dalla lieve brezza proveniente da sud, i suoi occhi scuri e grandi, concentrati nella lettura, avrebbero rapito chiunque. La sua bocca e le sue labbra erano perfette, ti veniva voglia di baciarle ancora e ancora e ancora. Il suo piccolo naso contornava quello che era un viso perfetto.

«Cosa fai lì impalato? Vieni qui avanti» disse la ragazza senza distogliere lo sguardo dal libro.

Roy inizialmente non aveva capito ce l'avesse con lui. Solamente alla seconda esortazione, decise di muoversi e di andare verso di lei. Arrivatole di fronte, lei si spostò dolcemente, permettendo a Roy di sederle vicino. Intorno alla ragazza, c'era come un'aura mistica di benessere. Roy si sentì finalmente felice dopo tanto tempo. Non smetteva di fissarla, aveva una strana sensazione, come se già la conoscesse.

«Dove mi trovo?» disse titubante Roy.

«Sei in Paradiso. Qui tutti i tuoi sogni e i tuoi desideri si avverano» rispose la ragazza continuando a leggere.

"Paradiso? Sono forse morto???" pensò il ragazzo.

«Sò cosa stai pensando, ma sta tranquillo: non sei morto... non ancora almeno!» la ragazza sorrise dolcemente.

Roy, alla vista di quel sorriso così radioso e solare, arrossì. Alla fine, sopraffatto dalla curiosità, le chiese:

«Scusami se ti faccio questa domanda, ma noi due ci conosciamo?»

«Certo», rispose cordiamente la ragazza.

«E... chi saresti? Perdonami, ma non riesco proprio a ricordare...»

«Io sono la ragazza dei tuoi sogni, colei che hai sempre sognato e desiderato»

Roy era ancora più confuso di prima.

«Te l'ho detto, sei in Paradiso. Qui tutti i tuoi sogni e i tuoi desideri si avverano»

In un'esplosione di felicità, Roy urlò dalla gioia, saltò in piedi dalla panchina ed afferrò la ragazza per un braccio. Lei non si mosse e non ebbe alcuna reazione.

«Visto che sei la ragazza dei miei sogni, vieni con me! Se è vero che qui tutti i miei desideri si avverano, possiamo vivere per sempre felici e contenti, come nelle favole!»

«Mi dispiace, devo prima finire il mio libro. Finché non lo avrò finito, non mi muoverò di qui», la ragazza era irremovibile.

«Beh nel frattempo potrei fare un giro e tornare da te più tardi»

«Puoi fare tutto ciò che vuoi, ma ti avverto: se al tuo ritorno io non ci sarò più, non potremmo più incontrarci». La ragazza continuava a leggere il libro, senza distogliere lo sguardo.

Roy la squadrò nuovamente, questa volta con più attenzione. E fu allora che capì chi fosse quella ragazza: era il suo primo, grande ed unico amore. Inizialmente non era riuscito a riconoscerla solamente perché era cresciuta. La persona che più di ogni altra aveva desiderato in vita sua era finalmente lì, davanti a lui. Niente e nessuno poteva separarli, tranne una sua scelta. Decise quindi di sedersi accanto a lei, ammirandola in tutta la sua bellezza.

«Hai deciso di restare. Ne sono felice» disse la ragazza continuando a leggere.

«Non potevo abbandonarti col rischio di perderti, non di nuovo....»

La ragazza sorrise: «Dovresti trovarti qualcosa da fare, rischi di annoiarsi restando qui senza fare niente»

«Ma io non mi sto annoiando. Sto ammirando la persona più bella ed importante della mia vita»

«Potrebbero volerci secoli prima che finisca il mio libro»

«Saranno secoli di felicità, qui accanto a te»

La ragazza non si scompose. Mentre stava girando pagina, vide con la coda dell'occhio lo sguardo del ragazzo, intento ad osservarla. Era lo sguardo di un innamorato, di chi sarebbe rimasto per sempre al fianco della persona amata, perché è lì che ha trovato la felicità. Anche se non lo diede a vedere, la ragazza ne fu estremamente felice. Decise quindi di fare un regalo al ragazzo per alleviare la sua attesa. Improvvisamente, un gatto sbucò fuori da dei cespugli e si avvicinò a Roy. Miagolando, si appoggiò sulle sue gambe e cominciò a dormire. Roy non riuscì a trattenere le lacrime: il suo primo animale domestico, a cui era affezionato oltre ogni limite e che aveva perso in tenera età a causa di una malattia, ora era lì, sulle sue gambe. Il ragazzo lo accarezzava delicatamente, facendo passare lentamente la sua mano tra il pelo del felino. Una sensazione che non provava da tempo e che lo rese felicissimo. Era così felice da chiudere lentamente gli occhi ed appisolarsi su quella panchina, facendosi cullare dalla brezza e dai raggi del sole, sentendo il rumore della fontana alle sue spalle che in aria formava tanti piccoli arcobaleni. Era felice finalmente...


«SVEGLIAAAAA!»

Un forte urlo svegliò Roy si soprassalto, portandolo in una realtà opposta alla precedente: un luogo buio, desolato, pieno di polvere e terra arida. Gli alberi erano secchi e morti, senza nemmeno una foglia ad adornarli. I rami si muovevano e si scontravano tra loro, mossi da un vento gelido portatore di morte. Nessuna traccia di fiori o di animali. Solo uomini in catene, intenti ad essere torturati da degli esseri simili a diavoli: avevano il corpo possente e muscoloso, di un grigio pallido. Un paio di corna nere si ergevano sopra la loro testa. Il mento ed il naso a punta, un accenno di barba, occhi rossi come il fuoco. Brandivano le armi più disparate: fruste, spade, martelli, forconi, torce, coltelli, con le quali affliggevano ferite mortali a quei dannati, costretti a subire senza potersi difendere. Roy non riusciva a capire come potesse essere arrivato fin lì se, un attimo prima, si trovava in tutt'altro luogo, immerso nella felicità e tranquillità più totale. Ora invece si ritrovava in ginocchio, con lo sguardo rivolto verso terra, insieme ad altre persone nella sua stessa situazione. Con passo svelto, si avvicinò loro una persona distinta, in un completo blu e con una cravatta rossa. Indossava un paio di occhiali da sole, aveva tre corna maestose sul capo, che incutevano timore, una valigetta in una mano ed un'agenda nell'altra. Cominciò il suo giro partendo dal primo della fila: «tu devi essere Michael.... mmm sì sì, so benissimo in quale girone metterti. Portatelo nel girone dei lussuriosi! Così impari ad avere un'amante, eheh» e passò al successivo, mentre Michael veniva portato via da due grandi diavoli alati.

Arrivato a Roy, l'uomo rimase per un attimo interdetto. Fissò il ragazzo, poi l'agenda e poi di nuovo il ragazzo. Infine esclamò, mostrando un terribile ghigno: «Mi dispiace, ci dev'essere stato un errore... lei non dovrebbe essere qui, la sua ora non è ancora giunta. Un paio dei miei collaboratori l'accompagneranno all'uscita, buona giornata»

Due grossi uomini in abiti neri ed occhiali da sole, si avvicinarono a Roy e lo presero delicatamente per le braccia, accompagnandolo verso una porta con la scritta "EXIT". Roy poté guardarsi un po' intorno e vide che gli altri diavoli e gli altri dannati avevano reazioni contrastanti: c'è chi rideva, chi scuoteva la testa guardando a terra e chi invece piangeva per la sorte toccata al ragazzo. Roy sentì un dannato dire qualcosa a bassa voce verso un diavolo:

«Che destino crudele... vivere una seconda vita.... vedere le persone a te care che soffrono e se ne vanno.... soffrire a tua volta.... rimanere solo....»

«È proprio questo il bello! Ecco perché qui all'inferno siamo così cattivi, ahahahah!»

Il ragazzo fu portato in una stanzetta buia, con una sedia al centro, illuminata da un cono di luce dall'alto. Roy fu messo a sedere ed uno dei due uomini disse:

«Ora tu aspetta qui, verrai portato nel tuo mondo al più presto»

«In che modo?» chiese Roy.

«Così!» disse l'altro uomo, colpendo violentemente alla testa il ragazzo con un manganello, facendolo svenire sul colpo.

Al suo risveglio, Roy si ritrovò nella sua stanza, disteso sul letto, con la testa sul cuscino. Nessun dolore relativo alla botta ricevuta, solamente il ricordo di tutto ciò che è successo: quel luogo incantato e paradisiaco, l'incontro con quella ragazza ed il suo vecchio amico peloso, il benessere provato per poi svanire una volta ritrovatosi in quell'inferno, circondato da diavoli e dannati. Il ragazzo si mise seduto sul letto, con lo sguardo rivolto verso il vuoto, per riorganizzare i pensieri e capire cosa fosse successo. E fu lì che la sentì.... di nuovo.

"Ora che hai visto cosa ti aspetta, cosa hai deciso?"

«Di nuovo tu.... ho visto cosa mi proponi e non capisco come tu possa minimamente pensare che qualcuno possa scegliere l'Inferno.... è palese che tutti scelgano il Paradiso!»

"Ne sei così sicuro? Sei così convinto che tutti vogliano stare in un luogo dove i propri desideri prendono forma, ma chissà quando potranno avverarsi? E che mi dici della 'seconda possibilità' che ti viene concessa con l'altra scelta? Una possibilità per realizzare tutto ciò che non hai potuto realizzare in precedenza, con l'impegno, la costanza ed un pizzico di fortuna"

Roy rimase interdetto. Non aveva minimamente pensato a questo modo di vedere la scelta che gli era stata concessa.

"Pensaci bene.... so che quando tornerò, avrai fatto la scelta giusta"

In un angolo della stanza, Roy intravide una strana figura che gli dava le spalle: sembrava avere delle fattezze umane, indossava un lungo cappello nero ed un cappuccio che gli copriva l'intero capo e brandiva una falce. La strana figura si girò e, con il suo viso scheletrico, disse: «Ci rivedremo presto...», sparendo subito dopo.


"E voi? Quale sarà la vostra scelta?"