martedì 21 marzo 2017

Che il tempo riprenda a scorrere!

«Sono passati oramai cinque mesi. È giunto il momento... il tempo deve tornare a scorrere»

Quello strano uomo era di nuovo lì, in quel prato, davanti a quei due ragazzi. Intorno a loro c'erano ancora quelle strane creature, né uomini, né animali, bloccate in quell'applauso infinito.

"Destino" si fa chiamare, colui che decide le sorti delle persone. Colui che se prende una decisione, non vi è modo di cambiarla. Però c'è stato questo ragazzo che ha provato ad affrontarlo... per ben due volte. Il nome di questo ragazzo è Hero e, proprio come un eroe contemporaneo, si è buttato in questa impresa impossibile. La prima volta da solo, fallendo miseramente ed uscendone distrutto, sia nel corpo che, soprattutto, nello spirito. Da quel momento fu inghiottito in una profonda oscurità, così nera da impedirgli di guardare oltre il suo naso. Così nera, da impedirgli di muoversi. Provò ad addentrarsi, ma per ogni passo che faceva, sentiva di allontanarsi sempre di più dal suo obiettivo. Decise quindi di rimanere fermo, in attesa di una luce che potesse guidarlo. E questa luce, inaspettatamente, arrivò. Incredulo, Hero cominciò a seguirla. Era davvero una bellissima luce, come non ne vedeva ormai da tempo. Per lui quella luce era la più bella di tutte e significava molto per lui: tornare a far parte del mondo, tornare a percorrere la sua strada. Ma, purtroppo, il Destino aveva un altro piano: si interpose tra lui e quella luce. Del perché di quella scelta, nessuno può saperlo. Sembrava come se avesse un accanimento contro quel ragazzo. Hero, ovviamente, non si tirò indietro: per lui quella luce era troppo importante. Rappresentava la speranza per trovare finalmente quella felicità di cui era alla disperata ricerca da una vita.

L'uomo si guardò intorno. Il vento, i girasoli, gli uccelli, i presenti... tutto era completamente fermo. L'unico a potersi muovere e parlare era proprio lui. Con le mani in tasca passeggiava, con passo lento, intorno ai due ragazzi. Li fissava, con aria malinconica. Fissava quelle labbra così vicine. Il volto di Hero rigato da quelle lacrime di gioia ancora sospese sulle guance. Fissava Sogno e ciò che rappresentava. "Perdere la testa per una ragazza. Cosa avrà mai di speciale poi?" pensava tra sé e sé. Continuava il suo giro irrequieto, aumentando leggermente l'andatura. Improvvisamente si fermò. Era rivolto verso Sogno.

«Tu non avresti dovuto perdere. Ti ho donato poteri inimmaginabili, la tua vittoria era matematicamente certa... eppure ti sei fatta quasi sconfiggere da questo gruppetto di sbandati. Se non fossi intervenuto in tempo, la situazione sarebbe precipitata. Ma voi, esseri inferiori, questo non potrete mai capirlo. Avrei dovuto stroncare questa farsa sul nascere...». Prese un profondo respiro e poi proseguì: «... Invece ho voluto dargli una possibilità... e quel ragazzo è riuscito a stupirmi... quasi a battermi, grazie anche all'aiuto dei suoi amici. Non potevo non prendere in considerazione questo risultato... ecco perché ho fermato il tempo. In questi cinque mesi ho analizzato la situazione e tutte le possibile implicazioni. Alla fine ho preso una decisione... ma sono comunque titubante nel metterla in atto. Perché hai dovuto mettermi in questa scomoda posizione, Hero?»

L'uomo si massaggiò il mento. Aveva la fronte corrucciata ed uno sguardo severo.

«Ma è così che doveva andare... fin dall'inizio. Mi dispiace Hero...»

L'uomo allungò una mano in avanti, con le dita in posizione, pronte per essere schioccate.

«Soshite Toki wa Ugokidasu... Ed ora, che il tempo riprenda a scorrere!»

L'uomo schioccò le dita.

Hero riprese a muoversi. Si aspettava di assaporare il calore delle labbra della sua amata... ed invece, con profonda amarezza, si accorse di non percepire più la presenza di Sogno davanti a lui. Fece un passo avanti... un altro ed un altro ancora, ma non trovava più quelle labbra. Allora, con sommo timore, aprì lentamente gli occhi.

Buio.

Quello che gli si parò davanti, era solamente buio. Una distesa immensa e sterminata di buio pesto.

«N-no... non è possibile...». Hero era incredulo. Cominciò a singhiozzare e le lacrime presero a scendere più copiose. Non erano più lacrime di gioia, bensì di terrore e disperazione. «S-sogno... Sogno... SOGNO, DOVE SEI?» il ragazzo chiamava a gran voce quella creatura di nome Sogno, sparita anche lei nel nulla, insieme a tutto il resto.

«PERCHÉ SEI SPARITA? DOVE SEI FINITA? CI SIAMO BACIATI, NON È VERO? PER FAVORE, RISPONDIMI!!»

Il ragazzo era disperato. Piangeva, urlava, si girava e rigirava alla ricerca di quella creatura. Ma non vi era nessuno lì. Lo shock era talmente grande che si era dimenticato perfino dei suoi amici.

«Avresti dovuto rinunciare quando ne avevi l'occasione»

Hero si fermò. Conosceva fin troppo bene il suono di quella voce. Cominciò a tremare dalla rabbia. Lentamente si girò e vide quell'uomo a pochi passi da lui. L'istinto lo fece muovere: corse verso quell'uomo con fare minaccioso. Tentò di colpirlo con un pugno, ma questo lo trapassò completamente. Era come se fosse un fantasma.

«PERCHÉ MI FAI QUESTO!? DIMMELO!»

L'uomo non rispose. Si limitò a fissare Hero con uno sguardo duro, quasi volesse rimproverarlo.

«PERCHÉ MI GUARDI IN QUEL MODO? SONO IO CHE DOVREI ESSERE IN COLLERA CON TE... ED INFATTI LO SONO!!!»

Il ragazzo continuava a dare colpi, ma senza il benché minimo risultato.

«ERA L'UNICA COSA CHE DESIDERAVO... E TU ME L'HAI PORTATA VIA... DI NUOVO! Perché.... perché mi fai questo.... perché....»

Hero cadde sulle ginocchia, esausto. Il suo corpo trapassava proprio le gambe dell'uomo. Cominciò a sbattere i pugni a terra e a gridare. Un grido quasi disumano, che rappresentava tutta la sua disperazione.

L'uomo fece dei passi avanti e, con Hero alle sue spalle, disse: «Non era Destino»

Hero sgranò gli occhi. Aveva sentito fin troppe volte quella frase.

«Tu.... smettila di dire quella frase...»

«Mi dispiace Hero, ma è così» sentenziò l'uomo senza voltarsi.

«No... non voglio arrendermi... non questa volta...»

«Temo che sarai costretto»

«No.... non puoi decidere tu per me.... »

«L'ho appena fatto. E continuerò a farlo»

Ci fu un silenzio assordante, interrotto saltuariamente dai singhiozzi di Hero.

«È impossibile... impossibile.... impossibile....» disse il ragazzo mentre sbatteva i pugni a terra. Per la violenza dei colpi, le mani cominciarono a sanguinare. E, dopo una decina di colpi, due mani pelose fuoriuscirono dal terreno e fermarono quelle di Hero prima che colpissero nuovamente la terra.

«Ma... queste mani.... sei tu Toxic Anxiety?»

«Smettila di farti del male. Tu non hai colpe. Non puoi cambiare il corso degli eventi... ma puoi adattarti ad essi» disse una voce proveniente da sottoterra.

«Toxic ha ragione. Se continui così, finirai per autodistruggerti di nuovo. E noi non vogliamo una cosa simile». Accanto a lui c'era Emotional Mask che lo guardava con uno sguardo dolce e comprensivo, a discapito del tono di voce con cui pronunciò quelle frasi.

«Avanti, devi reagire!», Angry Anger svolazzava di fronte a lui, accanto ad Emotional Mask.

"Devi andare avanti" esortò The Knowledge dall'alto della sua saggezza.

«Ukiki ukikiiiii» gridò Mad Mad atterrando sulla spalla di Emotional Mask.

«Non siamo venuti qui per sprecare tempo. Abbiamo combattuto tutti con coraggio e determinazione, tu per primo. Purtroppo abbiamo perso. Capita... Ora non dobbiamo far altro che rimboccarci le maniche e guardare al futuro, con un bel sorriso». Il gruppetto, capitanato da The Leader e formato da Crazy Money, Magic Dream, Butcher e The Scientist, era tutto intorno al ragazzo ed annuiva a quelle parole.

«Avanti, dammi la mano. Alzati da terra ed andiamo insieme incontro al domani». Imagination era davanti a Hero, con il braccio teso verso di lui. Quest'ultimo si era calmato. Singhiozzava ancora, ma almeno aveva placato la sua rabbia. Ci fu un silenzio di qualche secondo, poi il ragazzo esclamò.

«.... Avete ragione. Devo alzarmi e smetterla di piagnucolare. Devo andare avanti. Devo vivere la mia vita. E non importa quante sfide mi riserverà il Destino, io le affronterò. E se anche non dovessi superarle, continuerò ad alzarmi ed a sorridere. E questo solamente grazie a tutti voi»

Hero guardò in faccia i presenti, regalando un meraviglioso sorriso ad ognuno di essi. Si rivolse poi all'uomo che era ancora girato di spalle.

«Beh, anche questa volta hai vinto tu... ma la prossima volta ti daremo ancora più filo da torcere!» disse Hero sorridendo. Si girò di nuovo verso gli altri e disse a gran voce: «Forza ragazzi, andiamo! Verso nuove ed incredibili avventure! Percorriamo la strada per il futuro, insieme. Non fermiamoci. Non allontaniamoci dall'obiettivo. E se anche uno di noi dovesse rimanere indietro, torneremo a prenderlo!». Quelle parole scaldarono gli animi di tutti i presenti che si lasciarono andare ad un'esultanza generale. Improvvisamente, il cammino davanti a loro venne illuminato da una luce.

«Potete ridere e considerarci dei pazzi... ma l'unica strada è quella dell'ostinazione!» disse Hero continuando a tenere un tono di voce elevato.

«Se incontriamo un muro sul nostro cammino, noi lo abbattiamo!» replicò Emotional Mask.

«Se non esiste strada, la costruiamo con queste mani!» continuò Imagination.

I tre si guardarono, poi guardarono gli altri. Tutti fecero un cenno con la testa e, insieme, gridarono

«INSOMMA... CON CHI CREDETE DI AVERE A CHE FARE?!»

L'uomo si lasciò sfuggire un sorriso.

«Ragazzi, non dimenticatelo mai... dovete credere in voi stessi! E non per la fiducia che gli altri ripongono in voi... né tanto meno per quella che voi riponete per gli altri. Dovete fidarvi della parte di voi stessi che crede in se stessa!». con quelle parole, Hero cominciò ad incamminarsi verso quella luce radiosa, con il sorriso sulle labbra, seguito da quelle persone che lui reputava le più importanti in assoluto. Era sereno e determinato. Sapeva che il Destino gli avrebbe remato contro più e più volte, ma sapeva anche che poteva affrontarlo, grazie all'aiuto dei suoi amici. Il gruppo entrò nella luce, facendo perdere pian piano le sue tracce.

A poco a poco la luce svanì, lasciando l'uomo completamente immerso nell'oscurità e nel silenzio più assoluto. Il suo abito scuro lo camuffava perfettamente, era come se nella stanza non ci fosse nessuno. Quel profondo silenzio fu interrotto dal battito di mani di quell'uomo.

«Ottima interpretazione... davvero uno spettacolo senza eguali». Mise una mano nel taschino interno della giacca e ne estrasse qualcosa. Era un frammento di cristallo purissimo, sembrava onice nero, però era più trasparente. «Poi ingannare gli altri con i tuoi sorrisi... ma non me». L'uomo si passò davanti al viso quel pezzo di cristallo. Lo osservava con immensa tristezza.

«Hai perso un pezzo abbastanza grande del tuo cuore, mio caro Hero... indubbiamente più piccolo rispetto all'ultima volta, ma comunque di una grandezza non indifferente. Ciò che mi preoccupa è il fatto che sia più scuro dell'altro... È ancora abbastanza trasparente da poterci vedere attraverso, ma la cosa non mi piace per niente. Troppa oscurità potrebbe essere un problema... dovrò andarci cauto la prossima volta»

L'uomo rimise quel frammento nel taschino interno della giacca.

«Ad ogni modo, lo conserverò con cura... fin quando giungerà il momento adatto. Solo allora potrò riconsegnartelo, insieme all'altro frammento. Ma per ora... lo spettacolo deve continuare. Anche se il tuo cuore si sta rompendo... tu continua a sorridere»

Fece una breve pausa per poi riprendere.

«Ti prometto che tutta questa sofferenza, questi falsi sorrisi, queste illusioni... verranno ripagate. Io ti prometto che potrai fare tua la vera felicità, un giorno. Devi solo avere pazienza...»

Detto questo, l'uomo sparì nel nulla, senza lasciare la benché minima traccia di sè.

domenica 5 marzo 2017

Il divario

Bobby era un bellissimo esemplare di pastore tedesco: pelo lucente e ben curato, zampe forti e robuste, carattere calmo e tranquillo. Un cane fedele e docile. Era però un po' diverso dagli altri cani: non amava giocare, non rincorreva gli animali o interagiva con essi e non procurava nessun tipo di problema. I suoi padroni ne erano molto fieri ed orgogliosi. A lui piaceva molto passeggiare, quindi lo portavano spesso a fare delle lunghe e salutari passeggiate nei posti più disparati: in montagna, in campagna, in riva al mare, al lago, nei boschi...

Un giorno, mentre i suoi padroni stavano facendo un picnic nei boschi, lui si allontanò per esplorare un po' i dintorni. Gli piaceva andarsene in giro da solo, lo rilassava e lo faceva stare più in contatto con la natura. Nel bosco, grazie al suo olfatto, poteva avvertire una miriade di odori diversi. Un odore però lo colpì particolarmente, proveniente da un albero nelle vicinanze. Bobby scrutò quell'albero e vide che, ai suoi piedi, vi erano dei funghi. Si avvicinò per annusarli, ma l'odore che sentiva non proveniva da loro. Improvvisamente una ghianda cadde a terra, a pochi centimetri dal suo muso. Il cane alzò lo sguardo e la vide: era un graziosissimo esemplare femminile di scoiattolo, intenta a raccogliere ghiande. La vista di quel cane la fece sussultare, per questo fece cadere una delle sue ghiande. I due cominciarono a fissarsi senza dire una parola: si creò una strana atmosfera, quasi magica. C'era qualcosa che, in qualche modo, legava quei due animali. Bobby sentiva che quell'odore apparteneva a quello scoiattolo e, per qualche strana ragione, ne rimase ammaliato.

«Bobby, qui bello! Dobbiamo tornare a casa»

I suoi padroni lo stavano chiamando per tornare a casa. Lui, a malincuore, dovette tornare indietro, con la coda tra le zampe e la testa chinata. La piccola scoiattolina lo osservava andarsene e sospirò.

Il giorno seguente Bobby volle uscire e, per la prima volta in vita sua, decise lui dove andare, trascinando letteralmente i suoi due padroni.

«Hey, piano bello! Ma che ti prende? Perché tutta questa foga?»

Quando riconobbero il luogo del picnic del giorno prima, dissero: «Ti piace questo posto? Vorrà dire che ci torneremo più spesso. Adesso va a divertirti!». Slegarono il guinzaglio e Bobby fu libero di correre liberamente per il bosco. Ma il suo obiettivo non era passeggiare: lui voleva rivedere quello scoiattolo. Fiutò la pista e cominciò a percorrerla, arrivando allo stesso albero del giorno prima. Alzò lo sguardo e la vide, sempre intenta a raccogliere le ghiande. Di nuovo, alla vista del possente animale, per lo stupore ne fece cadere una che finì sulla sua testa. Bobby non si scompose minimamente. I due continuarono a fissarsi per un bel po'. Si era creata un'armonia: senza dire o fare nulla, quei due si sentivano bene. Passarono 20 minuti ed era tempo per Bobby di tornare a casa. Anche questa volta, a malincuore, dovette allontanarsi. Quella sera la passò ad ululare, facendo preoccupare i suoi padroni.

«Non si era mai comportato così prima d'ora... cosa gli sarà preso?»

«È sempre stato un cane tranquillo e pacato... ora invece sta combinando il finimondo»

Lo lasciarono comunque fare, pensando che la cosa fosse finita lì. Si sbagliarono. Ogni giorno Bobby voleva andare in quel bosco a passeggiare da solo. Se i due padroni provavano a seguirlo, lui si fermava finché non si allontanavano. Ogni giorni lui passava quei magici 20 minuti in compagnia della sua nuova amica. Quei 20 minuti di pensieri, di emozioni. Ed ogni sera, avveniva il dramma: Bobby che ululava ed abbaiava a perdifiato, generando il malcontento dei suoi padroni e di tutto il vicinato.

«Forse dovremmo portarlo dal veterinario, magari ha qualcosa che non va»

«Se anche la prossima notte farà questo putiferio, allora lo porteremo»

Bobby però non era stupido e capì la situazione. L'indomani sera infatti, non fece alcun rumore: se ne stava nella sua cuccia a cercare di appisolarsi, soffrendo in silenzio.

Il giorno dopo era, come si consueto, con la sua amica e pensava: "Vorrei poterle dire qualcosa, ma ho paura di spaventarla col mio latrato. Vorrei potermi arrampicare su quest'albero ed andare da lei, ma non ne sono in grado. Cosa posso fare?"

Dall'altro canto, la giovane scoiattolina pensava: "Potrei scendere e farci amicizia... e se mi sbranasse? Se non aspettasse altro? In fondo siamo così diversi... È un vero dilemma"

Entrambi quindi non vollero fare la prima mossa, con la paura di rovinare quella bellissima atmosfera che si era creata.

Venne però un brutto giorno in cui i padroni di Bobby dovettero trasferirsi in un'altra città. Lui, ovviamente, dovette andare con loro, senza aver avuto la possibilità di salutare la sua amica. Senza aver avuto la possibilità di dirle quello che provava. Un bizzarro scherzo del destino questo. Bobby soffrì molto per questa decisione non decisa da lui. Pensò molto al modo in cui andarono le cose e si chiese come sarebbero andate se avesse avuto il coraggio di fare il primo passo.

Passarono i mesi e Bobby riuscì a superare l'accaduto. Ma diversi quesiti gli ronzavano sempre in testa: "Cosa sarebbe accaduto se le avessi parlato? Sarebbe fuggita o ci saremmo avvicinati? E se fosse fuggita, non avrei raggiunto lo stesso risultato di adesso?"

I sentimenti sono strani: crediamo di saperli gestire, crediamo anche di sapere dove ci porteranno e come finirà il tutto. Ma la verità è che non si può ragionare con la testa quando ci sono di mezzo loro. Non possiamo sapere di preciso come si evolveranno le cose, cosa ci riservi la vita. Possiamo solo buttarci, seguendo quella forte sensazione che è l'amore. A volte va bene, a volte va male. Ma il responso non è deciso fino all'ultimo.

Si chiamano sentimenti, altrimenti sarebbero stati ragionamenti.

sabato 4 marzo 2017

Il folletto e la fata

C'era una volta una giovane fata di nome Laan: lunghi e lisci capelli dorati ed occhi color cielo, se ne andava in giro per il mondo da sola, sempre alla ricerca di posti nuovi da visitare, nuove persone da incontrare, nuovi cibi da assaggiare... Le piaceva sperimentare sempre più cose, non contenta e soddisfatta di soffermarsi sempre e solo sulla monotonia del quotidiano. Però, tutte queste cose le affrontava da sola: in ogni luogo che visitasse, non trovava nessuno disposta ad accompagnarla nel suo viaggio di crescita ed apprendimento.

«Lasciare il mio villaggio? E perché mai? Io qui vivo bene!»

«Ehm venire con te in giro per il mondo? No grazie, non mi interessa»

«Perché non ti sistemi anche tu nel nostro villaggio? Qui abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno!»

Queste sono solo alcune delle risposte che riceveva sempre quando era il momento di partire verso un'altra meta. Non rimaneva infatti per molto tempo nello stesso posto, una o al massimo due settimane.

Un giorno capitò in un ridente villaggio di montagna: lì la gente era tutta bella e simpatica e l'accolse a braccia aperte. Il villaggio era molto grazioso, con degli edifici dalla forma particolare che Laan non aveva mai visto prima d'ora. Era estasiata di trovarsi lì. Poco lontano dal villaggio vi era un bosco: le piacevano i boschi, l'aiutavano a rilassarsi e ad entrare ancora più in contatto con la natura. Vista la sua natura di sognatrice, ci passava spesso e volentieri molto tempo per rilassarsi e sgomberare la mente. Un giorno, decise di farvi una passeggiata: si alzò di buon'ora e si addentrò nel bosco. Non era particolarmente grande e c'erano diversi sentieri per non perdersi. Improvvisamente però, avvertì un suono. Era un canto, bello ed armonioso. Curiosa di sapere chi stesse cantando, seguì quella voce. Arrivò al centro del bosco dove vi era un albero maestoso dove, su uno dei suoi rami, sedeva una piccola creatura: un folletto dal cappello a punta verde ed occhi castani, intento a cantare. Intorno a lui, ai piedi dell'albero, diversi animali erano intenti a godersi quella magnifica melodia: cerbiatti, scoiattoli, conigli, uccelli, ma anche orsi e lupi. Anche Laan era stata rapita e, senza rendersene conto, stava avanzando lentamente in direzione dell'albero. Calpestò però un rametto, facendo rumore e spaventando così gli animali che, per la paura, fuggirono. Anche il folletto fu meravigliato di vedere quella ragazza e smise quindi di cantare.

I due si fissarono per un attimo, poi Laan esclamò: «Ciao! Perdonami, non volevo far scappare tutti... senza rendermene conto ho calpestato un ramoscello e li ho spaventati. Hai davvero una bellissima voce! Come ti chiami?». Il sorriso di quella ragazza metteva il piccolo folletto a disagio che, in tutta risposta, si nascose nei rami più alti dell'albero.

«Hey, perché ti nascondi? Volevo solo sapere il tuo nome...»

«C-chi s-s-sei!? N-non t-ti ho mai v-vista da queste p-p-parti!»

«Ah, hai ragione, sono proprio una maleducata, perdonami. Il mio nome è Laan, sono una fata in viaggio per il mondo alla scoperta sempre di nuovi posti. Non mi piace fermarmi e vivere la quotidianità, ho sempre bisogno di scoprire nuove cose ed incontrare nuove persone!»

«Beh ma prima o poi le cose da scoprire finiranno... che farai poi allora?». Il folletto sembrò essersi calmato e risposte a tono alla presentazione della ragazza.

«Ora che mi ci fai pensare.... Ma non mi hai ancora detto come ti chiami!»

«M-mi chiamo Lex!»

«Oh benissimo! Piacere di conoscerti Lex. Perché non scendi dall'albero così che possiamo parlare più tranquillamente?» chiese gentilmente la ragazza.

«E perché dovrei scendere?» rispose lui sospettoso.

«Beh per parlare faccia a faccia. Così fanno le persone normali»

«Beh, si vede che io non sono normale allora, contenta!?» disse contrariato Lex.

«... perdonami, non era mia intenzione offenderti»

«Ma è quello che hai appena fatto. Forse ora dovresti andare»

«... mi dispiace. Spero di poterti incontrare di nuovo»

La ragazza se ne andò delusa e triste. Non si era resa conto di essere stata indisponente. Quella notte non fece altro che pensare a quel folletto ed alla sua voce.

"Che melodia meravigliosa... spero di poterla sentire anche domani...", pensò poco prima di addormentarsi.

Il giorno dopo, la ragazza si alzò di buon'ora e si diresse immediatamente nel bosco, saltando la colazione. Arrivata al grande albero vide Lex seduto su di un ramo, intento a mangiare una mela e a conversare con uno scoiattolo.

«Wow, tu puoi parlare con gli animali!» disse Laan estasiata.

Lex ed il piccolo animaletto si girarono verso di lei, si dettero poi un'occhiata veloce tra loro e quest'ultimo se ne andò.

«Cos'altro vuoi ancora?» disse Lex con aria annoiata.

«Volevo scusarmi ancora per come mi sono comportata ieri»

«Ah, non preoccuparti, ci sono abituato, non me la sono presa. Ho avuto quella reazione solo per allontanarti»

«Perché dovresti allontanarmi? Non ti ho fatto niente»

«Non ancora, no»

«Ma non ho intenzione di farti del male!»

«Dite tutti così all'inizio, quando poi comincio a fidarmi, ecco che mi pugnalate alle spalle»

«Ma... perché dici questo?»

«Vivo su questo albero ormai da diversi anni, da quando gli abitanti del villaggio vicino mi hanno cacciato. Dicevano di volermi bene, che mi avrebbero accolto a braccia aperte con loro... ed invece volevano solo il mio oro. Una volta preso, mi hanno allontanato in malo modo. Dicevano che una creatura così diversa non poteva convivere con loro. Così mi sono trasferito sopra quest'albero e da allora vivo a stretto contatto con la natura, ogni giorno della mia vita»

«Vorresti dire che non ti allontani mai dal tuo albero? Nemmeno per fare una passeggiata?»

«A che mi serve passeggiare? Se ho voglia di movimento, salto da un ramo all'altro o cammino su quelli più grandi e robusti»

«E non hai bisogno del contatto con altre persone?»

«Affatto. Come hai visto, posso parlare con gli animali. È con loro che parlo ogni giorno. Mi raccontano tante di quelle storie che il tuo viaggetto a confronto è una favoletta per bambini!»

«E per il cibo?»

«Qui ho tutto ciò di cui ho bisogno: frutta e verdura. Se poi voglio qualcosa in particolare, mi basta chiederla ai miei amici animali e loro me la portano!»

Sì udì un brontolio provenire dallo stomaco di Laan. La ragazza arrossì e si mise le mani sulla pancia.

«Era il tuo stomaco quello? Per caso sei affamata? Aspetta, ti prendo una mela»

Il folletto sparì tra le foglie dell'albero. La ragazza cercava di scorgere dove fosse andato, ma senza risultato.

«Prendila al volo!»

Dall'albero spuntò una mela che, in traiettoria parabolica, stava precipitando verso la ragazza. Lei, presa dall'agitazione, tirò fuori la sua bacchetta magica e bloccò la mela a mezz'aria. Lex vide la scena e rimase sconvolto.

«Ma... COME DIAVOLO HAI FATTO!?»

«Beh, sono una fata, posso fare magie, incantesimi, pozioni magiche... Fermare gli oggetti è una bazzecola»

«Wow... sei incredibile!» disse estasiato Lex. La ragazza arrossì, benché non fosse la prima volta che le facevano quel complimento.

«Quindi tu non hai mai visitato il mondo?», domandò lei.

«No e non ne vedo il motivo», rispose senza pensarci lui.

«Beh, per vedere posti nuovi, conoscere gente nuova...»

«Ti ho già spiegato che qui ho tutto ciò che mi serve e non ho bisogno di altro»

La ragazza, delusa, prese la mela, ringraziò il folletto per l'offerta e se ne andò.

"Ma cosa ho detto di male?", pensò lui tra sé e sé.

Il giorno dopo, la ragazza non si presentò. Lex si chiedeva quando l'avrebbe vista arrivare. Un uccellino lì vicino gli chiese come mai fosse così agitato.

«Che stai dicendo, non sono affatto agitato!»

L'uccellino scosse la testa e se ne andò.

"Uff, effettivamente non sono tranquillo come gli altri giorni. Che cos'ho? Non avrò mica preso l'influenza!?"

La ragazza non si presentò nemmeno il giorno seguente. Lex guardava in direzione del villaggio, sospirando.

Il terzo giorno, Lex chiese ai suoi amici uccelli di andare a controllare al villaggio cosa le fosse successo. Lì videro che la ragazza aveva preparato le sue cose ed era pronta a partire. Andarono a riferire subito la cosa a Lex che, in preda al panico, fischiò con tutto il fiato che aveva in corpo. Subito un maestoso lupo bianco comparve ai piedi dell'albero. Il folletto saltò dall'albero per atterrare sulla schiena del lupo, dicendo: «Presto, portami al villaggio! Non abbiamo un minuto da perdere!». Il lupo si meravigliò di quell'ordine, ma lo eseguì senza rimostranze.

Laan aveva preparato il suo solito zaino, salutò tutti in città e si avviò verso la prossima meta. All'ingresso del bosco, si fermò per alcuni secondi, sospirando. Nel momento di ripartire però, il maestoso lupo bianco le si parò davanti.

«Ferma! Non puoi andartene senza salutarmi!» disse il piccolo folletto in preda all'ansia.

«Lex! Cosa ci fai qui? Perché non sei più sul tuo albero?»

«... hai ragione! Caspita, sono davvero sceso dall'albero... e sono pure uscito dal bosco!». Il folletto era meravigliato quanto la dolce fata. Cercò di dire qualcosa, ma tutto quello che riuscì a dire fu: «Portami con te!», arrossendo visibilmente.

Laan era felicissima: finalmente aveva trovato un compagno di viaggio. I due si incamminarono verso la prossima destinazione ignota.

«Come decidi dove andare?», chiese Lex.

«Vado dove mi porta l'istinto»

«Uhm.... io direi di andare a nord»

«Perché proprio a nord? Io ero più orientata verso est»

I due si guardarono per un attimo ed esclamarono all'unisono: «Che ne diresti di andare a nord est!?». Scoppiarono entrambi in una fragorosa risata. Si incamminarono, col sorriso sulle labbra. Durante il tragitto, trovarono un albero pieno di succose mele. Lex, come ha sempre fatto, ne colse una, solo che questa volta la donò alla sua compagna di viaggio che ne rimase piacevolmente colpita. Quel semplice gesto però, fece provare una strana e piacevole sensazione in Lex. Era un gesto fatto centinaia di volte, ma quella volta era diverso: quella volta, quel gesto ha reso felice una persona. Una persona speciale.
I due continuarono a camminare, parlando di tutto ciò che gli passasse per la testa. Lui le raccontò delle sue avventure prima di vivere nell'albero e lei fece lo stesso con il suo viaggio. Entrambi risero, scherzarono, piansero... era tutto uno scambio di informazioni e di esperienze. Esperienze personali che rendono ciascun individuo unico.

Così quei due cambiarono: lei si rese conto che fin'ora i viaggi fatti non le erano serviti poi a molto. Lei sapeva che quel viaggio sarebbe stato l'inizio della sua crescita. D'altro canto lui vide la bellezza che il mondo sapeva regalare. La bellezza che solo in compagnia il mondo può assumere.

Entrambi impararono una lezione importantissima...

"La felicità è vera solo quando è condivisa"